"Cari figli! In questo tempo di grazia vi invito tutti: pregate di più e parlate di meno. Nella preghiera cercate la volontà di Dio e vivetela secondo i comandamenti ai quali Dio vi invita. Io sono con voi e prego con voi. Grazie per aver risposto alla mia chiamata.”
Riflessioni sui messaggi
LA MORTIFICAZIONE QUARESIMALE ALLA LUCE DELLA GRAZIA
La Quaresima come tempo di grazia
La Costituzione sulla Sacra Liturgia del Concilio Vaticano II, a proposito dell’anno liturgico, dice: “Nel corso dell'anno la Chiesa distribuisce tutto il mistero di Cristo dall'Incarnazione e dalla Natività fino all'Ascensione” (SC, 102,2). Sapendo che al centro dell’anno liturgico sta la memoria del Mistero Pasquale della morte e risurrezione di Gesù, è facile riconoscere l’importanza del tempo quaresimale in quanto preparazione spirituale a detta celebrazione. Per questo anche la Liturgia delle Ore definisce il Tempo di Quaresima “tempo propizio per la conversione” (cfr inno dei Vespri), e gli inni delle Ore maggiori, Lodi e Vespri, si concludono con l’invocazione: “La grazia ci rinnovi, perché possiamo cantare un canto nuovo”.
La nostra preparazione quaresimale è, quindi, essenzialmente segnata dalla grazia, che viene da Dio e alla cui opera l’uomo si limita a cooperare con gratitudine. Secondo la sua definizione teologica, la grazia è una modalità libera e sovrana dell’agire di Dio con l’uomo. Il culmine di tale agire sta nel sacrificio volontario della sua vita, operato da Cristo per noi, “per i nostri peccati” (1 Cor 15,3). Perciò, qualunque forma assuma la nostra rinuncia quaresimale, essa avrà senso soltanto nella misura in cui sarà compiuta guardando a Cristo ed al suo sacrificio per noi. Ce lo ricorda in modo inequivocabile anche l’Orazione Colletta della Prima Domenica di Quaresima, che dice: “O Dio, nostro Padre, con la celebrazione di questa Quaresima concedi a noi di crescere nella conoscenza del mistero di Cristo e di testimoniarlo con una degna condotta di vita”.
Anche il messaggio della Madonna ci parla di “tempo di grazia”, invitandoci a “pregare di più e parlare di meno” ed a “cercare nella preghiera la volontà di Dio”. Anche se spesso la Madonna definisce la sua presenza in mezzo a noi un “tempo di grazia”, lei ha utilizzato più volte tale espressione in modo forte proprio riferendola al tempo quaresimale ponendone al centro Gesù, come ad esempio nel messaggio del 25 febbraio 1989: “Oggi vi invito alla preghiera del cuore. In questo tempo di grazia, desidero che ognuno di voi si unisca a Gesù. Senza preghiera continua non potete percepire la bellezza e grandezza della grazia che Dio vi offre”.
“Tutto è grazia, tutto è dono!”. Questa espressione è sulle labbra di molti cristiani e, tuttavia, essi non sono assolutamente consapevoli del suo significato, o almeno non lo sono sufficientemente. Tale motto trova il suo fondamento autentico nelle parole di Paolo: “Che cosa mai possiedi che tu non abbia ricevuto? E se l'hai ricevuto, perché te ne vanti come non l'avessi ricevuto?” (1 Cor 4,7). Noi non viviamo questa realtà come Paolo. Se tutto è dono di Dio, allora noi ne dovremmo essere grati e felici e, naturalmente, ricambiare col nostro dono. Il nostro unico dono può essere la preghiera di ringraziamento. Purtroppo però noi siamo poveri proprio di questo tipo di preghiera
La preghiera: risposta dell’uomo al dono della grazia
La Madonna ci ha invitato alla preghiera innumerevoli volte, ma mai prima in questo modo: “Pregate di più e parlate di meno”. Se limitiamo il concetto del parlare ai nostri discorsi negativi sugli altri o alla critica su di loro, non abbiamo con ciò chiarito fino in fondo questa espressione. Non si tratta neppure di diminuire la quantità di parole a favore della preghiera. Molto più probabilmente qui viene messo in questione il genere stesso della nostra preghiera. L’espressione, dunque, si trova sulla scia dell’ammonimento pronunciato da Gesù introducendo la preghiera del Padre nostro: “Pregando poi, non sprecate parole come i pagani, i quali credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno ancor prima che gliele chiediate” (Mt 6,7 e segg). Solo dopo tale ammonimento Gesù ci consegna la preghiera del Padre nostro, che è in massima parte una lode a Dio e, solo in seconda battuta, un’ espressione dei bisogni terreni dell’uomo.
Cosa significa questo per la nostra Quaresima? Molti fedeli sottolineano con fierezza quanti Rosari pregano al giorno o che partecipano ogni giorno alla Santa Messa. Di per sé, questo non è ancora sufficiente. Resta , infatti, sempre aperta la questione: per effetto di tutto ciò siamo più vicini a Dio e agli altri? La nostra preghiera è un lodare Dio con gioia ed un ringraziamento per i suoi doni? La preghiera ci è di stimolo per correggere le nostre relazioni con le persone? Siamo coscienti che anche il poter pregare e celebrare Dio nell’Eucaristia è anzitutto una grazia? Per richiamare questo, Klaus Hemmerle prende la contemplazione come forma di preghiera più perfetta, e dice: “La contemplazione non comincia dal nostro guardare Dio, ma dalla consapevolezza che egli ci guarda. Egli vede la nostra interiorità in ogni sua particella. Il nostro compito è solo quello di guardare a lui che ci guarda. Vedere che siamo visti da lui, vedere che soltanto questo è importante, costituisce quella breccia liberante che ci conduce alla verità che non teme l’esteriorità”.
Un uomo che sia giunto alla verità in questo modo non soltanto non sente la necessità di avere paura di ciò che è esteriore, ma neppure di vantarsene. Al centro del grande discorso della montagna di Gesù sta il suo messaggio secondo cui il suo discepolo fa l’elemosina, prega e digiuna non in maniera ipocrita, ma in modo gradito a Dio (Mt 6,2-18). Come introduzione a tutto questo discorso, Gesù ricorda la nuova giustizia, che deve essere essenzialmente distinta da quella degli scribi e dei farisei. (Mt.5,20). Egli dice ai suoi discepoli: “Guardatevi dal praticare le vostre buone opere davanti agli uomini per essere da loro ammirati, altrimenti non avrete ricompensa presso il Padre vostro che è nei cieli” (Mt 6,1). Più di quanto preghiamo, digiuniamo e facciamo l’elemosina, è importante con quale sentimento lo facciamo. Questa è la condizione imprescindibile affinché la Quaresima sia per noi un tempo di grazia, che ci porti ad essere più vicini a Dio.
Cercare la volontà di Dio nella preghiera
L’invito della Madonna a “cercare nella preghiera la volontà di Dio” è la prosecuzione logica del suo precedente invito a pregare. D’altro canto esso conferma ciò che abbiamo detto sulla preghiera, che cioè essa è anzitutto un lodare Dio. L’invocazione del Padre nostro “Sia fatta la tua volontà”, con l’aggiunta “come in cielo così in terra”, collega le due invocazioni precedenti “sia santificato il tuo Nome” e “Venga il tuo Regno”, facendo così da cornice a tutta la prima parte del Padre nostro. In questo modo viene anche descritta nella maniera più sintetica possibile la missione di Gesù nel mondo: egli l’ha realizzata rivelando il Nome del Padre agli uomini (cfr Gv 17,6.26) ed annunciando loro il suo Regno (cfr Mc 1,14 e segg), compiendo in tutto la sua volontà (cfr Gv 6,39 e segg).
Consegnando il testo del Padre nostro ai discepoli, Gesù ha lasciato loro in eredità tutto ciò che era iniziato con lui. Perciò il Padre nostro è più di una preghiera. In quanto condensato della missione di Gesù, esso rappresenta un programma di vita cristiana. L’ultima parte della richiesta circa la volontà del Padre (“così in terra”) risulta accentuata: ciò che in cielo è già una realtà, e che è iniziato in terra con la venuta di Gesù, deve continuare nella vita dei suoi discepoli. Abbandonarsi alla volontà di Dio non significa in alcun modo abbandonarsi a un cieco destino, ma ad un Padre. Ogni invocazione del Padre nostro va considerata alla luce dell’inizio della preghiera stessa, ossia dell’invocazione a Dio come Padre. Se colui che prega si affida a Dio, che è Padre, sottomettendosi alla sua volontà, fa la stessa cosa che fa un bambino che si abbandona alla sicurezza dell’abbraccio del padre. Il bimbo non sa cosa concretamente accadrà, ma sa che lì è al sicuro.
Gesù ha rivelato con tutta la sua vita il Padre che ama l’uomo, ed è stato disposto lui stesso a sacrificare anche la propria vita per la sua salvezza. Parlando di sé in terza persona, come del Figlio dell’uomo, egli afferma: “Il Figlio dell'uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per tutti” (Mc 10,45). Partendo da qui, San Paolo ricorderà alla sua giovane comunità di Tessalonica in cosa consista la volontà di Dio: “Questa è, infatti, la volontà di Dio: la vostra santificazione (1 Tes 4,3). Dio non ha alcun altro obbiettivo riguardo all’uomo se non quello di salvarlo, per questo però è necessario che noi lavoriamo continuamente alla santificazione della nostra vita. Perciò anche la Madonna, in molti dei suoi messaggi, invita a percorrere il cammino di santità e promette la sua intercessione, come fa anche questa volta dicendo: “Io sono con voi e prego con voi”.
La volontà di Dio e quella dell’uomo
L’abbandonarsi alla volontà di Dio viene visto da molti come contrario alla libertà umana. Invece, se partiamo dal presupposto citato per cui Dio è un Padre che ci ama e desidera la nostra salvezza, allora accogliere la sua volontà diviene l’atto supremo della libera decisione dell’uomo. Naturalmente esso richiede all’uomo l’umiltà, a cui si oppone la superbia che, alla fine, in sé nasconde sempre la tentazione di voler essere come Dio. La persona umile, che fidandosi di Dio accetta la sua volontà, permette a Dio di essere Dio. L’uomo, pur considerandosi un credente, finché ha dentro di sé qualche angolino in cui non vuole far penetrare la luce divina e abbandonarsi alla sua volontà, non permette a Dio di essere Dio, ma lo trasforma in una divinità falsa, in un idolo.
Le persone che non accolgono Dio e la sua volontà sono disposte ad imporre agli altri la propria volontà con qualunque mezzo. Quella, tuttavia, non è una volontà disposta ad amare e a servire, ma una decisione di sottomettere e comandare gli altri. Il senso più forte della propria potenza, in una persona che non è presa dal Vangelo, è dato proprio dall’esperienza di avere autorità su un’altra persona. Ancora peggio è quando l’uomo, nel suo fanatismo primitivo, pensa di poter essere padrone della vita e della morte degli altri in nome di Dio, cosa di cui purtroppo siamo fin troppo spesso testimoni in questi ultimi tempi. Perciò l’invito della Madonna a cercare la volontà di Dio nella preghiera significa, in realtà, un invito a pregare per la salvezza del mondo che, nel suo essere senza Dio, sta sprofondando sempre più in basso.